Gioco

“Il gioco è il lavoro del bambino”
Maria Montessori

Il bambino organizza le conoscenze in maniera progressiva attraverso le esperienze. Le esperienze di gioco che danno voce all’Io corporeo sono la porta d’accesso ai significati, all’espressione delle emozioni e alla costruzione delle conoscenze.

La capacità di astrazione che verrà acquisita nel tempo dal bambino passa proprio attraverso l’esperienza del gioco: il gioco rende visibile l’invisibile.

La libera scelta in un ambiente preparato, pensato, ordinato, dotato di proposte di materiali che rispondano agli effettivi bisogni e interessi del bambino, consente uno sviluppo armonioso e globale. Poche cose, classificate per materiale e tipologia, ma soprattutto accessibili.

Il gioco è un lavoro perché la mente assorbente del bambino è sempre ricettiva. L’incessante richiamo che la “voce delle cose” esercita sul bambino rappresenta un costante invito al fare: il fare per essere.

Avete mai osservato come sono interessanti per i bambini le chiavi, i mestoli della cucina, le pentole e i coperchi? Il rubinetto del bidet, l’interruttore della luce, i fazzoletti dentro ad una scatola di cartone? Il loro interesse verso le cose che vedono utilizzare dagli adulti è espressione del bisogno di comprendere la connessione tra le cose, sono dei veri e propri esperimenti scientifici.

I bambini hanno bisogno di trovare uno scopo nelle cose che fanno e quasi sempre, se adeguatamente supportati, sanno individuarlo da soli, con soddisfazione; ne sono prova la concentrazione, i tempi di attenzione e la ripetitività delle azioni.

Come adulti abbiamo il compito di riconoscere il valore educativo del gioco e di osservare con capacità critica ciò che dal gioco emerge: emozioni, interessi, bisogni e competenze. Dobbiamo inoltre assumerci la responsabilità di non cadere in trappole commerciali iperstimolanti, sicuramente invitanti per i primi cinque minuti, ma che di certo non favoriscono la concentrazione.

Francesca Panizzo